La lotta per la difesa delle persone LGBTIQ nelle Marche | Intervista alla consigliera Manuela Bora

Marche
27 June 2022
La lotta per la difesa delle persone LGBTIQ nelle Marche | Intervista alla consigliera Manuela Bora

Questa intervista fa parte della nostra campagna #LoveWhereILive e della nostra serie “#ProgressiveLocalStories”, volta a sensibilizzare l'opinione pubblica sulle numerose iniziative positive messe in atto da città e regioni progressiste in Europa, ma anche a evidenziare gli ostacoli che alcune autorità regionali e locali progressiste incontrano nel tentativo di rendere la propria città e regione un luogo più inclusivo e sicuro per tutti.

On. Bora, lei è eletta nel Consiglio regionale delle Marche per il Partito Democratico. L'anno scorso ha presentato una mozione perché la Regione Marche aderisse alla campagna "#LoveWhereILive", che è stata rigettata dalla Giunta regionale, guidata da una coalizione di destra. Come leader politica progressista, cosa pensa della tutela dei diritti LGBTIQ nella sua regione e in Europa?

La tutela dei diritti LGBTIQ è un tema totalmente assente nell’agenda politica regionale, per una scelta consapevole e deliberata che discende da una posizione politico-culturale apertamente omofoba, retrograda e intollerante degli amministratori regionali marchigiani attualmente al governo della Regione. Il 18 giugno si è svolto a Pesaro il Marche Pride 2022 e la Giunta Regionale delle Marche si è addirittura rifiutata di concedere il patrocinio, in quanto considera il comitato organizzatore del Pride alla stregua di un partito politico. Una decisione totalmente infondata dal punto di vista tecnico, in quanto apertamente in contrasto con lo spirito e la lettera del regolamento per la concessione dei patrocini, oltre che vergognosa da un punto di vista morale. Una decisione assurda, in contraddizione non solo con lo storico delle precedenti concessioni di partecipazioni non onerose (nel 2019 la Giunta Ceriscioli, di cui facevo parte, ha patrocinato il Marche Pride 2019 di Ancona), ma anche con le decisioni assunte da altre Giunte regionali d’Italia, siano esse di sinistra (penso al Lazio) o di destra (penso alla Lombardia). Le Marche sono oggi, purtroppo, una tra le Regioni più omofobe d’Europa, e le politiche attuate da questa Giunta sono un affronto alla strategia europea LGBTIQ. Addirittura, nel 2021 non solo è stata respinta la richiesta di adesione alla campagna "#LoveWhereILive", come veniva ricordato nella domanda, ma la maggioranza è riuscita anche a votare contro un emendamento al Piano Triennale del Turismo presentato dal Partito Democratico che proponeva di valorizzare nella nostra Regione il turismo LGBT+-owned e LGBT+-friendly. Insomma, abbiamo elementi in abbondante numero per affermare che, mentre l’Europa corre sempre più rapidamente nella direzione di una società dei diritti, inclusiva, aperta, plurale, le Marche stanno andando nella direzione opposta, incartandosi in una preoccupante involuzione verso un modello di società più simile a quello di 100 anni fa che a quello odierno.

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Quali misure pratiche andrebbero adottate per rendere la vostra regione un territorio in cui i diritti delle persone LGBTIQ siano pienamente rispettati e promossi?

Sarebbe sufficiente fare proprie le indicazioni che provengono dall’Unione Europea e prendere esempio da altri Paesi e Regioni d’Europa, che hanno già tracciato una strada che basterebbe semplicemente seguire, senza inventarsi improbabili ritorni al patriarcato e all’intolleranza verso forme di amore non perfettamente inquadrabili nell’eterosessualità. Sarebbe sufficiente dialogare con le meritorie associazioni che si impegnano concretamente ogni giorno per promuovere i diritti. Sarebbe sufficiente accogliere positivamente e seguire come da dovere istituzionale le direttive dello Stato centrale. Penso per esempio che l’idea veicolata dalla Circolare del Ministero dell’Istruzione in occasione della Giornata mondiale contro l’omobitransfobia lo scorso 17 maggio, ovvero discutere a scuola, in classe, con gli studenti delle discriminazioni che ancora oggi la comunità LGBTIQ è costretta a subire, fosse una ottima misura pratica di sensibilizzazione ed educazione. L’abbattimento degli stereotipi, il lungo e complesso lavoro culturale e pedagogico hanno un ruolo fondamentale in questa battaglia. L’assessora regionale all’Istruzione delle Marche Giorgia Latini (Lega), invece di sollecitare tutti gli insegnanti ad affrontare questi temi in classe, invece di celebrare opportunamente la Giornata mondiale contro l’omobitransfobia aprendo percorsi di riflessione, di approfondimento, di inclusione, non ha trovato di meglio inveire contro la (inesistente) teoria gender, interpretando la Circolare come un prodotto del fantomatico “gender”, mentre si trattava solo di ricordare a tutti che l’omofobia, la lesbofobia, la transfobia non sono opinioni, ma discriminazioni. A questo proposito, mi permetto anche di ricordare che una misura pratica auspicata e importante è l’approvazione nel più breve tempo possibile del DdL Zan: non è più tollerabile vedere il nostro Paese al 33° posto tra i 47 Stati del Consiglio d’Europa presi in considerazione nella Rainbow Map di Ilga-Europe, considerato tra quelli che “non hanno una reputazione positiva in materia di legislazioni e politiche in tema di diritti umani delle persone LGBT+”.

L’anno scorso la Commissione europea ha proposto la sua prima strategia LGBTIQ e il Parlamento europeo ha dichiarato l’UE zona di libertà LGBTIQ. Come può l'Unione Europea contribuire ulteriormente alla promozione dell'uguaglianza LGBTIQ e perché è importante per la vostra regione?

Nel 2020 l’Unione è giustamente intervenuta con durezza con quelle Regioni e Comuni di alcuni Stati europei, penso per esempio alla Polonia, che praticano l’intolleranza e la discriminazione contro la comunità LGBTIQ autodichiarandosi “zone libere dall’ideologia LGBT” (una dichiarazione che d’altronde non ha alcun valore di nessun tipo) sospendendo la concessione dei fondi strutturali. Sulle questioni valoriali, sulla qualità della democrazia, sul rispetto di tutti e di tutte, sui diritti, non possono esserci passi indietro a livello europeo.

Questo atto e l’importante voto del Parlamento europeo il 18 dicembre 2018, attraverso cui è stata formulata una pesante condanna per tutti quegli enti polacchi che si erano autoproclamati "zone libere dall'ideologia LGBT" devono fungere da monito anche per la Regione Marche.

L’Unione Europa sa promuovere e favorire la crescita di una società più giusta e rispettosa di tutte le inclinazioni e sensibilità, ma sa anche punire chi si pone fuori dal perimetro valoriale definito nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che all’articolo 21 vieta esplicitamente qualsiasi forma di discriminazione basata sull’orientamento sessuale.

Chi oltrepassa questa linea rossa deve essere consapevole del fatto che sta compiendo un atto gravissimo e inaccettabile, che comporta d’immediato conseguenze e ripercussioni, fino alla possibile perdita del diritto di voto in seno al Consiglio europeo da parte dello Stato membro ex art. 7 del Trattato di Lisbona.

La Giunta regionale delle Marche, che oggi può gestire gli ingentissimi fondi del PNRR e del settennio di programmazione messi a disposizione dall’Unione Europea, dovrebbe riflettere molto su quanto successo con la Polonia.

Sono certo che se non ci fosse la cornice europea, le Marche sarebbero sprofondate ancora più in basso nel gorgo di omofobia e intolleranza che contraddistigue la destra nella nostra Regione. Se potessero, se fossero liberi di farlo senza pagarne le conseguenze, probabilmente il Presidente Acquaroli e gli assessori marchigiani, così impregnati di questa sottocultura chiamata “no-gender”, avrebbero già promosso azioni simili a quelle adottate dai voivodati e dalle municipalità polacche.

 

© Ringraziamo Marche Pride per l'immagine di copertina

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